Statua del Buddha - Monastero Santacittarama

 

…il Buddhismo un modo di vivere, una fonte di felicità, di pienezza e saggezza che alimenta la nostra crescita attraverso l’equilibrio con la natura e con tutte le cose della nostra vita. Chiunque può praticare il buddismo, anche senza essere buddista. Pertanto, è interessante conoscere alcuni dei suoi precetti fondamentali, idee che possono aiutarci ad affrontare la nostra vita quotidiana…

 

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Il Buddha e la cortigiana

A Buddha e ai suoi discepoli capitò un curioso incidente, che per un po’ di tempo lasciò i seguaci perplessi riguardo al carattere del loro maestro.

Il Buddha e i suoi discepoli avevano fatto voto di castità e di rinuncia all’amore carnale, eppure un giorno, mentre riposavano insieme all’ombra di un albero, si avvicinò loro una cortigiana, attratta dal corpo e dal viso luminoso del maestro.

Non appena la cortigiana vide il viso celestiale del Buddha, se ne innamorò e corse a braccia aperte verso di lui per abbracciarlo e baciarlo, esclamando a gran voce: «Oh, mio bellissimo splendente Signore, io ti amo!».

I casti discepoli rimasero sorpresi quando udirono la risposta del Buddha: «Mia amata, anch’io ti amo. Però adesso non toccarmi. Non ancora».
La cortigiana replicò: «Tu mi chiami amata, e per me sei il mio amato. Perché, allora, non vuoi che ti tocchi?».
Il grande Buddha rispose: «Mia amata, te lo ripeto ancora: ti toccherò più tardi, non adesso. Allora ti proverò il mio vero amore». I discepoli rimasero sconvolti, pensando che il maestro si fosse innamorato della cortigiana.

Qualche anno dopo, mentre il Buddha meditava con i discepoli, all’improvviso esclamò: «Devo andare! La mia amata, la cortigiana, mi chiama: ha bisogno di me, adesso. Devo mantenere la mia promessa». I discepoli corsero dietro al maestro, sperando in qualche modo di salvarlo benché sembrasse follemente innamorato della cortigiana.

Il grande Buddha, seguito con ansia dai discepoli preoccupati, si recò allo stesso albero dove l’aveva incontrata. Là sotto giaceva la donna, con il bel corpo ricoperto dalle piaghe maleodoranti e putrescenti del vaiolo.

I discepoli provarono orrore e si tennero lontani da lei. Il Buddha, però, prese il suo corpo in putrefazione e lo abbracciò come se fosse un bambino, poggiando la testa della cortigiana sul proprio grembo e sussurrandole:
«Mia amata, sono venuto a dimostrarti il mio amore per te e a mantenere la promessa di toccarti. Ho aspettato a lungo per dimostrarti il mio sincero amore, perché io ti amo quando tutti gli altri hanno smesso di amarti. Io ti tocco quando tutti i tuoi amici del bel tempo passato hanno paura di toccarti».

Così parlando, il Buddha guarì la cortigiana e la invitò, ormai purificata da qualsiasi desiderio carnale, a unirsi al suo gruppo di discepoli, sempre più folto.

(Da: “Piccole, grandi storie del Maestro”, Paramhansa Yogananda)

La ricetta

Un uomo s’ammala e va dal medico. Questi lo visita, poi gli prescrive delle medicine. L’uomo ha molta fiducia nel suo medico. Ritorna a casa e nella sua stanza di preghiera mette un ritratto o una bellissima statua del medico. Poi si siede e tributa onori alla statua o al ritratto: si inchina tre volte e gli offre fiori e incenso. Quindi prende la ricetta e la recita solennemente: «Due pillole al mattino! Due pillole al pomeriggio! Due pillole alla sera!». Tutti i giorni, per tutta la vita, continua a recitare la ricetta, perché ha grande fiducia nel suo medico, ma la sola ricetta non lo aiuta …

L’uomo decide di saperne di più sulla ricetta e così corre di nuovo dal medico e gli chiede: «Perché mi avete prescritto questa medicina? In che modo potrà giovarmi?». Il medico, che è una persona intelligente, gli spiega: “La vostra malattia è questa, e la causa della malattia è quest’altra: se prendete la medicina che vi ho prescritto, essa eliminerà la causa della vostra malattia. Quando la causa sarà eliminata, la malattia automaticamente sparirà”. L’uomo pensa: «Meraviglioso! Il mio medico è così intelligente! Le sue ricette sono così utili!». Va a casa e inizia a litigare con i suoi vicini e conoscenti insistendo: «Il mio medico è il migliore! Tutti gli altri non servono a niente!». Ma che cosa ottiene con questi discorsi? Può continuare a discutere per tutta la vita, ma questo non lo aiuterà affatto. Solo se prenderà la medicina uscirà fuori dalla sua infelicità, dalla malattia. Solo allora la medicina lo aiuterà.

Avere fiducia in un medico è utile se incoraggia il paziente a seguire la prescrizione. Capire come agisce un medicamento è utile se ne incoraggia l’assunzione. Ma senza prendere effettivamente la medicina, non si può curare la malattia.

In quest’allegoria, il medico rappresenta il Buddha e la ricetta rappresenta il sutra in cui viene esposto l’ottuplice sentiero. Non è rendendo omaggio al ritratto del Buddha o a un simbolo né recitando quel particolare sutra o il suo titolo che una persona si può liberare dalla sofferenza, ma solo seguendo la prescrizione che contiene.

(Da «L’arte di vivere», di William Hart)

La goccia

C’era, tra i discepoli del Buddha, un monaco un po’ trascurato nell’osservanza di alcune regole minori, che si schermiva coi suoi compagni dicendo che non valeva la pena di preoccuparsi per simili bazzecole; ma il Buddha lo mise in guardia dall’ignorare le possibili conseguenze dI ciò che può sembrare un’inezia …

Non sottovalutate il male fatto, dicendo: «Non me ne verrà nulla». L’acqua, cadendo a goccia a goccia, riempie anche una giara. L’uomo stolto si riempie di male, anche se lo accumula a poco a poco.

(Dhammapada, 121)

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Riflessioni sul Dhammapada

LUNA PIENA – Lunedì 6 marzo 2023

Una ricetta per la vita

Smetti di fare il male
coltiva il bene
purifica il cuore.
È questa la Via dei Risvegliati.

Dhammapada strofa 183

Anche se questi versi possono sembrare molto semplici, sono in realtà da considerarsi una ricetta per come vivere tutta la nostra esistenza. Il primo verso riguarda la nostra abitudine all’incuranza. Come cucinare in una cucina poco pulita può causare danni alla salute, così la pratica spirituale senza la capacità di contenersi è pericolosa. Il secondo verso considera la necessità di creare un deposito di bontà. Non punteremmo a scalare l’Everest senza l’equipaggiamento adatto. Allo stesso modo, non è sensato puntare alla libertà dalla sofferenza senza creare una scorta di moralità da cui possiamo prendere forza quando è necessario. Questi primi due versi riguardano la preparazione al lavoro descritto nel terzo verso: purificare il cuore che comporta grande ardore, grande sollecitudine, e una forte dose di pazienza. Il quarto verso afferma che questo stesso insegnamento viene trasmesso da tutti i Buddha.

Con auguri di ogni bene,

Bhikkhu Munindo

Ringraziamenti a Chandra per la traduzione.

Le strofe utilizzate in queste Riflessioni mensili sono tratte da “Dhammapada per la contemplazione”, edizione italiana a cura del monastero Santacittarama. Per una interpretazione più letterale, vi invitiamo a consultare altre traduzioni.

 

 

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